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Giorgio Chiellini: “Noi non ci inginocchiamo”

"Il razzismo non si combatte in ginocchio"


Photo credit: Rob Anderson/pixabay


Era il 2016, quando il giocatore del football americano Colin Kaepernick si inginocchiò durante l’inno nazionale—un gesto che difese dicendo: “non potevo mostrare orgoglio nella bandiera di un paese che opprime i neri”.

Quel suo gesto è diventato un simbolo contro il razzismo; un gesto che accomuna tanti giocatori e le istituzioni di calcio (FIFA, UEFA, ecc); un gesto che secondo tanti evidenzia la disuguaglianza razziale e la discriminazione.


Il linguista Noam Chomsky diceva a tal proposito “se vuoi iniziare una rivoluzione, devi scegliere un titolo a cui nessuno può opporsi”. Il movimento Black Lives Matter (BLM) ebbe inizio nel 2013, 17 mesi dopo la sparatoria a morte di Trayvon Martin, un diciassettenne afro-americano. L’hashtag #BlackLivesMatter sulle piattaforme social a seguito dell’assoluzione del poliziotto George Zimmerman è diventato un “must” per ogni post che riguardava l’ora coniato police brutality. In tutto questo però ci sono pezzi mancanti, pezzi molti importanti. Le circostanze nelle quali avvenivano questi eventi cadevano in seconda linea o spesso venivano oscurate.


2021. Europei di calcio, l’Italia si rifiuta di inginocchiarsi per il movimento BLM. Il difensore azzurro Giorgio Chiellini, capitano della squadra nazionale ribadisce dicendo “non c’è stata nessuna richiesta, quando capiterà e ci sarà richiesta dall’altra squadra, ci inginocchieremo per sentimento di solidarietà verso l’altra squadra. Ma cercheremo sicuramente di combattere il razzismo in altro modo, con delle iniziative insieme alla Federazione nei prossimi mesi”. Ma l’Italia non è l’unico paese europeo a non inginocchiarsi, anche i giocatori dell’Austria hanno scelto di non inginocchiarsi.


Durante la partita del 2 luglio, l’Italia si è inginocchiata insieme al Belgio, proprio come aveva detto Chiellini, “la squadra si inginocchierà per solidarietà con gli avversari, non per la campagna in sé, che non condividiamo.”(giornale.it)

Ci sono state diverse critiche contro la nazionale tra cui quella dell'ex presidente della Camera, Laura Boldrini, che ha scritto sul profilo Twitter: “I gesti simbolici sono importanti per affermare i valori. Per questo alcuni di noi decisero, in Parlamento, di inginocchiarsi per il Black Lives Matter. Per questo è giusto farlo anche sui campi di calcio. Tiferò gli Azzurri. Però dispiace per la loro scelta di non scegliere”.


Alcuni giovani hanno avuto da ridire sui social. Tanti hanno espresso il loro disgusto della scelta della nazionale di non inginocchiarsi, tanti si sono rifiutati di tifare per l’Italia ed altri hanno sperato che perdesse la nazionale italiana. Altre critiche riguardava il fatto che nella nazionale non ci fossero giocatori di colore. Questo fatto ha contribuito a scoppiare delle polemiche, poiché fosse un segno di razzismo contro le persone di colore.


Pochi si fermano per chiedersi quali siano i requisiti per poter giocare per la nazione. Di certo il colore della pelle non rientra ne dovrebbe mai rientrare in quei requisiti. La costituzione italiana difende i diritti di tutti, italiani e stranieri regolari e spesso anche quelli irregolari, neri e bianchi. Fare polemiche sul numero di persone di colore che giocano nella nazionale italiana o la mancanza di quest’ultimo senza prove è in sé creare divisione e falsa narrativa.


Ora più che mai, in un clima razziale molto teso, è necessario riflettere sulle nostre parole e azioni. Secondo i dati riportati su calcio e finanza, nella serie A italiana, solo il 40,3% è italiano (dati raccolti dalla Gazzetta dello Sport). Il campionato spagnolo la Liga ha più del 60% di giocatori spagnoli, mentre in Ligue, i giocatori francesi rappresentano il 52%.

Per quanto riguarda i giocatori convocati dal commissario tecnico Roberto Mancini agli europei 2021, sono stati 26, tra cui due brasiliani: Jorginho e Toloi, naturalizzati in Italia. Qui, l’attenzione si sposta da uno straniero qualunque a quello dalla pelle scura. Perché non si tratterebbe più di volere la diversità, ma il tipo di diversità è ciò che andrebbe sottolineato. 12 sono state le regioni rappresentate all’interni della squadra nazionale. Ma questa diversità non è abbastanza o almeno non è la diversità che alcune persone vogliono o vorrebbero.


Sono principalmente due i requisiti per poter giocare nella squadra nazionale, almeno per quanto riguarda quella italiana: essere italiano e naturalmente, essere un calciatore. Il primo calciatore di colore a scendere con la maglia della nazionale italiana fu Joseph Dayo Oshadogan nel 1996, un italo-nigeriano. A seguire, Matteo Ferrari, nato in Algeria da madre guineana e padre italiano, vince un campionato europeo Under21 nel 2004 e un bronzo alle olimpiadi. Poi, Mario Balotelli, ghanese nato a Palermo, adottato da una famiglia bresciana. La lista di calciatori che provengono da diverse culture va avanti. Ciò che accomuna questi giocatori non è solo il colore della loro pelle, ma la passione per il calcio e la loro capacita nel brillare in campo e il semplice fatto che siano italiani.


Da quando il colore della pelle è diventata un requisito per giocare al calcio?


Nel basket americano, secondo i dati riportati su statista.com i giocatori che compongono le diverse squadre sono prevalentemente neri, con 57,5% di una popolazione di 13,4% in confronto ai bianchi con 24.9% di una popolazione di 76,3% (census.gov). Di fronte a questi dati, una cosa è certa: la scelta. La scelta di ognuno di noi di perseguire un obiettivo. Non possiamo dimenticare la bravura, capacità e determinazione.


Ragionando sul movimento BLM, poiché pochi sono quelli che si prendono il tempo di leggere, fino a poco tempo fa, nella sezione about us il movimento scriveva tra i propri obiettivi quello di sconvolgere la famiglia nucleare, cioè, quello composto da una mamma e un papà. Sono stati apportate delle modifiche al sito e la pagina dove si trovava la frase riportata è ora inesistente.

Secondo i dati riportati sul sito del Chicago Tribune, si contano 2,021 vittime di sparatorie, 164 in più rispetto all’anno 2020. Nel 2020, sono 9 i bambini e adolescenti under-18 uccisi a Chicago, riporta il New York Times.

Ultimi dati forniti da Chicago Tribune riguardo alla sparatoria avvenuta nella fine settimana del quattro luglio dove sono stati spariti 108 persone, uccidendo 17, tra cui anche adolescenti e bambini.



Dove sono le proteste? Se la vita delle persone di colore vale, perché non vengono protestate le vite interrotte nelle mani delle gang? Oppure queste vite non valgono? I numeri sono allarmanti e in continuo aumento come si può leggere su foxnews.com.

Quando è motivo di protesta solo la vita di una persona di colore che muore nelle mani di un bianco e non quella morta nella mano di un’altra persona di colore; ci dobbiamo fermare e chiederci: per cosa stiamo combattendo? Il male va combattuto e punito a prescindere da chi viene commesso.


Combattere contro il razzismo significa insegnare ai propri figli fin dall’inizio che la differenza tra un nero, un ispanico, un asiatico o un bianco è biologica. Invece, continuano nelle scuole insegnamenti che creano divisione, che rafforzano l’inferiorità delle persone nere o dell’odio dei bianchi; si passa da un’estremità ad un’altra. Un modo per fermare il razzismo è smettere di parlarne.


Una spiegazione logica


Un gesto può anche essere importante. Ma fare i gesti giusti significa comportarsi bene in ogni momento e aspetto della nostra vita. Inginocchiarsi non può essere sinonimo di “combattere contro il razzismo”. Il razzismo è un peccato. Il termine italiano “peccato” usato nella Bibbia è appunto la parola greca amartia che significa mancare il bersaglio o fallire nei propri intenti. Un peccato che denigra un’altra persona per il colore della pelle, un peccato che sostiene che ci sia più di una razza, un peccato che non vede la bellezza in tutto ciò che Dio ha creato. Non c’è una distinzione genetica o biochimica tra una persona di pelle scura e quella di pelle chiara. C’è una definizione scientifica e biologica: la melanina, che ogni essere umano ha ma in diversi gradi, di conseguenza, abbiamo diverse sfumature dello stesso colore. La razza è una costruzione sociale, non esiste nulla nella cultura oggi che limita legalmente qualunque persona sulla base del colore della pelle, poiché c’è una solo razza: quella umana e siamo TUTTI creati nell’immagine di Dio.

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